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11 settembre 2001/2 maggio 2011

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La prima persona che ho sentito, l'11 settembre 2001, è stata Elena. Ero seduto sul mio letto, con in mano i libri di museologia cercando di imparare il contenuto della Wunderkammer di Federico Augusto il Forte. La sua voce era così diversa dal solito, un misto di terrore e paura.
“Hai visto? Hai visto cosa hanno fatto?”
“Che succede?”
“Accendi la televisione.”
Mio padre, in soggiorno, stava già guardando il telegiornale, facevano vedere a ripetizione le immagini degli aerei che si schiantavano contro le torri. Le notizie arrivavano frammentarie. Crollò la prima torre e poi la seconda. Io ed Elena rimanemmo al telefono, in silenzio, senza dire una sola parola, guardando quell'orrore, respirando.
O cercando di farlo.
Ho avuto paura, lo devo ammettere. Ho pensato: “Siamo in guerra, questa è la terza guerra mondiale.”
Troppo grossa questa cosa, per tutti noi occidentali abituati a far guerre in casa degli altri.
Quelle due torri che crollavano erano il simbolo di una società che si riscopriva insicura. Occorreva attaccare il nemico, riportare l'ordine, uccidere, incarcerare, cercare di far sentire di nuovo sicuro il mondo occidentale. E così è stato, per un decennio quasi, la paura ha avuto la meglio su tutto. Eppure ci sono stati e continuano ad esserci tanti 11 settembre in giro per il mondo, 11 settembre che non ci riguardano, che non ci toccano da vicino perché non mettono in pericolo il nostro benessere, il nostro modo di vivere, le nostre sicurezze.
C'è un 11 che ricorre in questa storia. L'11 settembre è stato il giorno delle torri. Il 2011 è il giorno in cui Barack Obama ha annunciato la morte di colui che è stato indicato come il mandante.
Bin Laden.
Questa morte forse avrebbe voluto annunciarla Bush Jr. l'ha cercata per tanto tempo, ha speso vite e risorse per trovarla. Se non fosse così tragico sarebbe persino ironico. Obama, premio nobel per la pace, che manda in estasi l'America annunciando la morte del nemico numero uno.
È la festa, è la rinascita. Si ristabiliscono gli equilibri, l'America torna invincibile, si chiude il cerchio della paura.
Non provo niente. La paura di quell'11 settembre, piano, piano, è diventata quotidianità. Ci siamo abituati agli orrori, ce li mostrano continuamente in tv. Si fa pubblicità con l'orrore, si mostrano bambini palestinesi investiti per far pubblicità ad una macchina. Si promette, in internet, di far vedere un video in cui un bambino viene mangiato in un banchetto. È un falso, ovviamente, per vederlo devi scaricare un'applicazione. Però la gente ci prova, vuole vedere.
Il mostro è morto e abbiamo scoperto che era un uomo. Quanti ce ne sono a capo di governi e nazioni?
Non mi dispiace che sia morto, lo dico serenamente e anche molto sinceramente. Ma questa morte, al di là della vendetta, non porta nulla.
O forse si.
Magari altra rabbia, altro odio, altro orrore.
Abbiamo chiuso un ciclo, dieci anni dopo.
Temo, purtroppo, se ne apriranno altri.
Marino Buzzi


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